giovedì 5 agosto 2010

Riportando tutto a casa

1966. Festival of gypsy music. Foto di Josef Koudelka

Sarà, ma le partenze mi mettono in moto strane sensazioni. Zaffate di nostalgia si mischiano a entusiasmi ancestrali, scatenando un'ansiosa attesa di rincontrare il passato. E' difficile spiegare come e cosa sia questa sensazione.
Sono figlio di una terra discola e di una storia plasmata dalla mano nervosa del viaggio, che coi suoi movimenti veloci e bruschi ha creato contorti itinerari all'interno dei quali la ricerca della memoria è dannatamente difficile. Il viaggio riapre piaghe, consapevolezza di come lo stesso generi abbandono e non scoperta, cesura e non diffusione.
Chi nasce in questi posti capisce di essere un po' diverso, si auto-nomina paladino dell'emancipazione dei suoi, condottiero speranzoso di un'orda di nobili intenzioni da scagliare con violenza contro i giudizi sommari dei più, contro i luoghi comuni più detestabili e volgari. Sarà anche patetico, ma è così.
Già vedo il placido orizzonte. addolcito da un tramonto millenario, salutare l'arrivo di migliaia di figliol prodighi pronti ad accorrere con devozione al capezzale della propria terra stretta tra agonia e speranza. Già vedo verdi giunchi spezzare la monotonia di paesaggi blu paradiso, dove cielo e mare, per quieto vivere, rinunciano al proprio isolamento, unendosi, forse ipocritamente, in un tenero abbraccio. Vedo strade che mordono la terra, che tentano di addomesticarla facendole sentire, spesso senza risultato, la violenza della modernità. Ma qui la natura è allegoria delle personalità. Certi caratteri sono spigolosi come le rupi ventose che affrontano con dignità la spavalderia del vento, mantengono la ruvidità di certe pareti scoscese e ardite come il sole di mezzogiorno. Molti, forse troppi, non capiranno e penseranno di affogare in un sorriso disinvolto queste storie polverose. Non è un problema. Il viaggio continua nonostante la loro banalità.
Riportiamo tutto a casa...

Il viaggio non finisce mai, solo i viaggiatori finiscono. (Josè Saramago)

Colonna sonora: Delroy Wilson - I'm Not A King

mercoledì 10 giugno 2009

C'è solo la strada - Sinossi

La Vanità, di Mattia Preti, 93,5 x 63, Firenze, Uffizi


A quel tempo danzavano per le strade come pazzi, e io li seguivo a fatica come ho fatto tutta la vita con le persone che mi interessano, perché le uniche persone che esistono per me sono i pazzi, i pazzi di voglia di vivere, di parole, di salvezza, i pazzi del tutto e subito, quelli che non sbadigliano mai e non dicono mai banalità ma bruciano, bruciano, bruciano come favolosi fuochi d'artificio gialli che esplodono simili a ragni sopra le stelle e nel mezzo si vede scoppiare la luce azzurra e tutti fanno «Oooooh!»

On the road (Sulla strada) di Jack Kerouac

C'è solo la strada su cui puoi contare
la strada è l'unica salvezza
c'è solo la voglia e il bisogno di uscire
di esporsi nella strada, nella piazza
perché il giudizio universale
non passa per le case
e gli angeli non danno appuntamenti
e anche nelle case più spaziose
non c'è spazio per verifiche e confronti.

Giorgio Gaber "C'è solo la strada"

Colonna sonora: Alessandro Mannarino - Tevere Grand Hotel

giovedì 30 aprile 2009

O viandante




Ricorda chi eravamo.
L'ordine più semplice che un re possa dare.
Ricorda perchè siamo morti.
Lui non desiderava tributi o canzoni, o monumenti, o poemi di guerra e coraggio. Il suo desiderio era semplice: ricorda chi eravamo, cosi mi ha detto.
Era la sua speranza, se un'anima libera dovesse arrivare in questo luogo, negli innumerevoli secoli dell`Ade a venire possano tutte le nostre voci, sussurrarti dalle pietre senza età, va a dire agli Spartani viandante, che qui, secondo la legge di Sparta noi giacciamo. E così il mio re è morto, e i miei fratelli sono morti, appena un anno fa.
A lungo ho pensato alle parole del mio re, criptiche parole di vittoria, il tempo gli ha dato ragione, perchè da greco libero a greco libero si è tramandata la notizia che il prode Leonida e i suoi 300 soldati, così lontani da casa, hanno dato la vita, non solo per Sparta, ma per tutta la Grecia e per la speranza difesa da questa nazione.
Ora, qui su questo aspro frammento di terra chiamato Platea, le orde di Serse affrontano la loro disfatta! Lì davanti i barbari si raccolgono, è nero il terrore che afferra saldo i loro cuori con dita di ghiaccio, conoscono molto bene gli impietosi orrori che hanno sofferto per le lance e le spade dei 300 Spartani.
E ora fissano lo sguardo su questa pianura dove ci sono 10.000 Spartani alla testa di 30,000 liberi Greci! Oh! Le forze del nemico ci superano di solo 3 volte! Buon segno per tutti i Greci.
Quest'oggi noi riscattiamo il mondo dal misticismo e dalla tirannia e lo accompagniamo in un futuro più radioso di quanto si possa immaginare.
Dite grazie soldati, al Re Leonida e ai prodi 300! Alla vittoria!

"Dei morti alle Termopili gloriosa la sorte, bella la fine, la tomba un'ara, invece di pianti, il ricordo, il compianto è lode. Un tal sudario né ruggine né il tempo mangiatutto oscurerà. Questo sacello d'eroi valorosi come abitatrice la gloria d'Ellade si prese. Ne fa fede anche Leonida, il re di Sparta, che ha lasciato di virtù grande ornamento e imperitura gloria"
Simonide

scintillA

sabato 25 aprile 2009

Memento



Mi' padre è morto partigiano

Mi' padre è morto partigiano
a diciott'anni fucilato ner nord, manco so dove;
perciò nun l'ho mai visto, so com'era
da quello che mi' madre me diceva:
giocava nella Roma primavera.

Mo l'antra notte, mentre che dormivo,
sarà stato due o tre notti fa,
m'e' parso de svejamme all'improvviso
e de vedello, come fusse vero;
sulla faccia c'aveva un gran soriso,
che spanneva 'na luce come un cero.

- Ammazza, come dormi - m'ha strillato,
era proprio lui, ne so' sicuro,
lo stesso della foto che mi' madre
ciaveva sur comò, dietro na fronda
de palma tutta secca, benedetta,
un regazzino, che ride in camiciola,
cor fazzoletto rosso sulla gola.

Ma siccome sognavo i sogni miei,
pe' la sorpresa j'ho chiesto: - Ma chi sei?-
- So' tu' padre - ma detto lui ridenno
- forse che te vergogni alla tua età
de chiamamme cor nome de papà? -

- No, papà, te chiamo come hai detto,
me fa ride vedette ar naturale,
scuseme tanto se me trovi a letto,
che voi sape'? Nun me posso lamenta',
nun so' un signore, trentadu' anni,
davanti c'ho na vita,
ancora nun è chiusa la partita. -
Lo sai, da quanno mamma s'è sposata
co' mi' padre, che invece è er mi' patrigno...
credo sett'anni dopo la tua morte... -

A 'ste parole ho visto che strigneva un poco l'occhi,
come quanno se sta ar sole troppo forte.
- Scusa papa', credevo lo sapessi -
Ma lui, ridenno senza facce caso,
spavardo, spenzierato, m'ha risposto:

- Ma che ne so io de quello che è successo,
io so' rimasto come v'ho lassato,
quanno giocavo, giocavo, giocavo...
giocavo a calcio e mica me stancavo,
giocavo co' tu madre e l'abbracciavo,
giocavo co' la vita e nun volevo,
coi fascisti però nun ce giocavo,
io sparavo, sparavo, sparavo. -

Poi m'ha toccato i piedi dentro al letto
e ha fatto un cenno, come da di' - Sei alto! -
- E dimmi - dice - prima d'anna' via,
che n'hai fatto della vita
che t'ho dato giocanno co
la mia...
Vojo sape' sto monno l'hai cambiato?
Sto gran paese l'avete trasformato?
L'omo novo è nato o nun è nato?
In qualche modo c'avete vendicato?
- e rideva co' l'occhi, coi capelli,
sembrava quasi lo facesse apposta.
Me sfotteva, capito, quer puzzone
rideva e aspettava
la risposta.

- Ma tu che voi co' tutte 'ste domanne?
Mo' perché sei mi' padre t'approfitti.
Tu m'hai da rispetta', io so' più grande!
Va beh adesso accampi li diritti
perché sei partigiano fucilato...
ma se me fai sveja' io t'arisponno,
mabbasta solo che aripijo fiato.

Certo che la vita è migliorata!
Avemo pure fatto l'avanzata.
Travolgente hanno scritto sui giornali. -

- Mejo così - me fa - se vede che è servito...
vedi quanno che m'hanno fucilato
Nun ho strillato le frasi de l'eroi
pensavo a voi che sullo stesso campo
avreste certo vinto la partita
pure che io perdevo er primo tempo. -

- No, un momento papà, te spiego mejo...
nun è che avemo proprio già risorto
nella misura in cui ci sta er risvorto emh...
E allora quer ragazzo de mi' padre
che stava a pettinasse nello specchio
s'arivorta me fissa e me domanna:
- Ma insomma, adesso er popolo comanna?-

Qui so zompato sur letto, co' na mano
m'areggevo le mutanne, co' l'altra
cercavo de toccallo, e nun potevo.
Allora j'ho parlato,
perché m'aveva preso come 'na malinconia
e nun volevo che se ne annasse via
prima de sape' bene come è stato.

- Sei ragazzo, papa', come te spiego
nun poi capi' come cambia er monno..
Ce vole tempo, er tempo se li magna
i sogni nostri, io, sai che faccio, aspetto!
Tutto quello che viene, io l'accetto,
semo contenti se la Roma segna,
li compagni so' tanti e li sordi pochi...
e nun ce sta più tempo pe' li giochi! -

- Ma so' sempre quelli te strappano le penne,
ma tu nun poi capi' papa', sei minorenne,
se eri vivo te daveno trent'anni,
mejo che torni da dove sei venuto,
perché quelli che t'hanno fucilato,
proprio quelli lì qui te fanno mori' tutti li giorni!
Lassa perde papà, qui nun e' aria,
semo cresciuti...nun semo piu' bambini,
torna a gioca' co' l'artri regazzini
che hanno fatto come hai fatto tu,
noi semo seri...e nun giocamo più.

A 'sto punto mi padre s'e' stufato,
ha fatto du' spallucce, un saluto,
s'è rimesso in saccoccia la sua gloria
e vortanno le spalle se n'e' annato
ripetendo nel vento la sua storia:

- Ma che ne so io de quello che è successo,
io so' rimasto come v'ho lassato,
quanno giocavo, giocavo, giocavo...
giocavo a calcio e mica me stancavo,
giocavo co' tu' madre e l'abbracciavo,
giocavo co' la vita e nun volevo,
coi fascisti io però nun ce giocavo...

io sparavo, sparavo, sparavo.

Luigi Magni

sabato 11 aprile 2009

Serendipity

Lady Lilith - Dante Gabriel Rossetti (1828-1882)

...Sto qui
come un eremita tra le nuvole… ma non sono un passero...

Il fulgore dell'imponderabile abbaglia anche i foschi presagi di novelli aruspici. E lo fa con impeto saettante, con spinta travolgente. Certezze sistemate con riguardo nei cassettini dei tristi ragionieri delle passioni vengono spazzate via da un vento partorito dai remoti promontori dell'inaspettato. Un senso di smarrimento avvolge esistenze consacrate all'ottemperanza di doveri interiorizzati a tal punto da essere percepiti come inevitabili, addirittura necessari.
Lo spaesamento prodotto è distruttivo, lo scoglio più vicino distante miglia, la spalla sulla quale piangere inesorabilmente scomparsa.
Si ristabilisca il valore delle scelte individuali, che il luccichìo della volontà affascini ancora.

Ultimo amore - Vinicio Capossela da L'indispensabile (2003)

Fresca era l'aria di giugno
e la notte sentiva l'estate arrivar
Tequila, Mariachi e Sangria
la fiesta invitava a bere e a ballar
lui curvo e curioso taceva
una storia d'amore cercava
guardava le donne degli altri
parlare e danzare

e quando la notte è ormai morta
gli uccelli sono soliti il giorno annunciar
le coppie abbracciate son prime
a lasciare la fiesta per andarsi ad amar
la pista ormai vuota restava
lui stanco e sudato aspettava
lei per scherzo girò la sua gonna
e si mise a danzar

lei aveva occhi tristi e beveva
volteggiava e rideva ma pareva soffrir
lui parlava stringeva ballava
guardava quegli occhi e provava a capir
e disse son zoppo per amore
la donna mia m'ha spezzato il cuore
lei disse il cuore del mio amore
non batterà mai più

e dopo al profumo dei fossi
a lui parve in quegli occhi potere veder
lo stesso dolore che spezza le vene
che lascia sfiniti la sera
la luna altre stelle pregava
che l'alba imperiosa cacciava
lei raccolse la gonna spaziosa
e ormai persa ogni cosa
presto lo seguì

piangendo urlando e godendo
quella notte lei con lui si unì
spingendo, temendo e abbracciando quella notte
lui con lei capì
che non era avvizzito il suo cuore
e già dolce suonava il suo nome
sciolse il suo voto d'amore
e a lei si donò




poi d'estate bevendo e scherzando
una nuova stagione a lui parve venir
lui parlava stringeva inventava
lei a volte ascoltava e si pareva divertir
ma giunta che era la sera
girata nel letto piangeva
pregava potere dal suo amore
riuscire a ritornar

e un giorno al profumo dei fossi
lui invano aspettò di vederla arrivar
scendeva ormai il buio e trovava
soltanto la rabbia e il silenzio di sera
la luna altre stelle pregava
che l'alba imperiosa cacciava
restava l'angoscia soltanto
e il feroce rimpianto
per non vederla ritornar

il treno è un lampo infuocato
se si guarda impazziti il convoglio venir
un momento, un pensiero affannato
e la vita è rapita senza altro soffrir
la poteron riconoscere soltanto
dagli anelli bagnati dal suo pianto
il pianto di quell'ultimo suo amore
dovuto abbandonar

lui non disse una sola parola
no, non dalla sua gola un sospiro sfuggì
perchè i gendarmi son bruschi nei modi
se da questi episodi non han da ricavar
così restò solo a ricordare
il liquore non pareva mai finire
e dentro quel vetro rivide
una notte d'amor

quando al profumo dei fossi
a lui parve in quegli occhi potere veder
lo stesso dolore che spezza le vene
che lascia sfiniti la sera
la luna altre stelle pregava
che l'alba imperiosa cacciava
a lui restò solo il rancore
per quel breve suo amore
che mai dimenticò

ScintillA

sabato 28 marzo 2009

Generazione XYZ


Giuditta e Oloferne
Michelangelo Merisi da Caravaggio, 1599
olio su tela, 145 × 195 cm
Roma,
Galleria nazionale di arte antica

Alle volte mi ritrovo con la testa fra le mani e penso, penso e rifletto: in Italia c’è un conflitto una guerra che fa più di mille morti all’anno tra lavoro e malasanità, e dimmi tu se questa qua non è pulizia etnica cos’è? Come si chiama? Quando uno che c’ha i soldi può avere tutto e uno che ne ha di meno non ha diritto nemmeno a un letto in un ospedale quando sta male e se vuol farsi curare deve pagare solo che coi soldi che gli danno quelli del lavoro interinale c’è l’affitto da pagare, il bambino da mantenere e cosa cazzo vuoi pagare un dottore quando non sai nemmeno se tra due mesi c’ avrai ancora un fottuto lavoro perché il lavoro interinale non è altro che una prestazione occasionale di lavoro manuale non qualificato, esattamente il caso in cui il rischio d’incidente sul lavoro è quintuplicato e tutto questo non è capitato ma è stato pensato, progettato e realizzato dal padronato in combutta con l’apparato decisionale dello stato per il quale la vita di un proletario non vale non dico niente ma sicuramente non vale il costo di un’assunzione regolare con tanto di corso di formazione professionale; è evidente il disegno criminale o no? o sono io che sono pazzo?

9...Povera vita mia...9


Un bel morir tutta la vita onora. (Petrarca)


ScintillA
colonna sonora: 99 posse - povera vita mia

sabato 7 marzo 2009

Smash the ring!

Giorgio de Chirico - Ritratto di Apollinaire 1914



Finalmente si respira!

Un'apnea interminabile di scadenze e obblighi morali è giunta al temporaneo termine. Qualche mese di spensieratezza e poi ancora corsa ad ostacoli nel dissestato circuito dei doveri. Ma è meglio non pensarci per ora, dai.

Mi godo un senso di benigna soddisfazione, proprio nel momento in cui la natura svogliatamente si sveglia dal torpore dei mesi freddi. La libertà è figlia del caldo, la bellezza figlia del Sole.

Nulla è fatto, il poco di sicuro non basta, ma ora raccolgo le energie per il prossimo round.
Ok no Ko!
ScintillA


Float like a butterfly, sting like a bee. (Muhammad Alì)
colonna sonora: Natiruts - Raçaman